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al testo di Amina Narimi
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Tradì la vetta spoglia della cerchia il ferro nelle vene, a cielo aperto, e la cenere nel fondo della veglia fece nero il verde fitto nella falda. Un Mato Grosso la notte sui capelli, il taglio delle mani col cavo più sottile.
Piegando l'occhio nel silenzio vivo le ferite minerarie. E ad ogni stella, ora, invoco il mio massacro, come Guaraní, nella fossa comune.
Le piste dei sogni, le vie dei canti antenati non avranno nessuna piramide a memoria se non il suono più prezioso ed immortale della lingua sorridente sotto un albero che cammina, raccogliendo semi, e ancora la fonte del luogo di donne che piangono in canto come sante, o fantasmi, che sanno attaccare ognuna al suo seno le scimmie urlatrici, e i piccoli maiali che hanno allattato la foresta più fitta, sbriciolata in pane terribile nelle tasche di tutti. Voialtri, come ladri, ci avete tolto la libertà, ma noi viaggeremo danzando, nel fango finendo per brillare a cielo aperto.
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